Leggi i nuovi documenti nella library!

Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole

il blog di stefano Jun 09, 2023

Ormai moltissimi anni fa – era il 1969 - mi trovavo a Bruges, e passai davanti alla porta di un bar su cui campeggiava un cartello nel quale era scritto “vietato l’ingresso agl’italiani.” La sensazione che ebbi fu quella di un pugno allo stomaco ma, come ho sempre fatto, mi domandai quale fosse la ragione di tanto disprezzo. Come è sempre stato, l’insoddisfazione per la propria sorte è una caratteristica della nostra etologia, e riversare le responsabilità per il fallimento su una persona o un popolo (la parola razza è ipocritamente cancellata dal vocabolario) è la scappatoia più comoda.

Ora, però, dopo ben oltre mezzo secolo, provo disagio ad essere italiano.

Dopo gli anni entusiasmanti che seguirono la Seconda Guerra Mondiale, gli anni in cui ci si inebriava del concetto di libertà, gli anni in cui si rifondava una società e, con evidente successo, un’economia, arrivarono interminabili periodi di scontri tra fratelli, e vennero alla ribalta scandali assortiti. Io cominciavo ad uscire dal mio paese un po’ per studiare e un po’ per conoscere il mondo, e, con qualche sorpresa, mi accorsi di essere imbarazzato della mia nazionalità.

Oggi, ormai vecchio, tanto vecchio da interrogarmi sul perché io calpesti ancora il suolo di queto pianeta, mi ritrovo a vivere in un paese dove l’imbarazzo è sostituito dalla paura. Paura non per me, ormai in dirittura d’arrivo, ma per i miei figli, per le mie nipoti, e, in fondo, per tutti i bambini del mondo.

Forse per pigrizia, forse per ignoranza, forse per stupida furberia, forse per mera incompetenza a vestire i panni dell’Uomo, noi siamo diventati schiavi di un piccolo esercito di personaggi a loro volta schiavi, e, quel che è peggio, abbiamo regalato loro i nostri figli, spogliandoli dei loro diritti naturali.

Ciò che trapela riguardo la nostra sorte è fatto di progetti terrificanti secondo cui noi saremo trattati come cani alla catena (vedi le “città dei 15 minuti”), saremo controllati più di quanto già non siamo adesso su ciò che spendiamo, su ciò che mangiamo, sulle nostre frequentazioni, sui nostri spostamenti, sulle nostre opinioni... Saremo obbligati a subire trattamenti sanitari al cospetto dei quali, da addetto ai lavori, non posso altro che rabbrividire. Saremo portatori sotto la pelle di un piccolo aggeggio che trasmetterà i nostri dati e riceverà ordini. Avremo cancellato la scienza e la medicina per sostituirle con quelle che mi limito a definire balordaggini. Fatti nostri? No: fatti dei nostri figli.

A pochi metri da dove lavoro (ancora per quanto?) un mio vicino avverte con un cartello affisso sulla porta, che lì, nei locali di quella ditta insignificante, si può entrare solo se muniti di “green pass”. Questo è l’aspetto più devastante della sconfitta: la trasformazione delle vittime in complici.

Insomma, a dispetto delle beffarde esortazioni dei nostri “politici”, essere italiano non mi piace affatto.

E, allora, dovrei andarmene.

Sì, ma dove?

Ormai tutto il Pianeta è stato conquistato da un manipolo di barbari la cui crudeltà non ha uguali nella storia dell’Uomo. Chi ne è al comando si è impadronito del controllo della salute e della disponibilità del cibo. Con montagne di denaro che gli si moltiplicano quotidianamente tra le mani, costui è diventato signore incontrastato di un ente ora di fatto privato che, a sua volta, ha acquisito il potere di stabilire il comportamento delle nazioni del mondo, nazioni che hanno perso qualunque barlume d’indipendenza. E ha comprato pure la scuola, con questo garantendosi la certezza di allevare una generazione intrisa non solo d’ignoranza, ma della negazione violenta della scienza. E che dire di una guerra in cui il mondo è trascinato senza che se ne conoscano davvero le ragioni? Insomma, secondo un vecchio detto, il mondo altro non è se non un piccolo paese. Dunque, finire qui o finire là non fa differenza.

Così, io mi domando se abbia un senso tutto quanto mia moglie ed io abbiamo fatto. Ha un senso continuare, sottoponendoci a sacrifici che mi paiono sempre più assurdi fino al ridicolo, a fare ricerca? Ha senso tentare d’istituire una scuola per non lasciar morire tutto ciò che abbiamo scoperto e dimostrato?

La risposta la stanno dando i fatti: a differenza di quanto accade per la fiera del castagnaccio, per le bocciofile (absit iniuria verbis: le bocciofile sono luoghi di aggregazione più che meritevoli!), e per il festival dei rutti (non ci si scandalizzi: è realtà), noi non abbiamo nessuna azienda che sponsorizzi la fondazione Nanodiagnostics ETS. Credo non sia difficile capire che in quel modo la sorte è segnata.

Sia fatta la volontà del popolo.

Close

50% Complete

Two Step

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore magna aliqua.