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RIDATECI LE POLITICAMENTE CORRETTE CICOGNE

il blog di stefano Apr 23, 2023

La frase di Einstein è tanto nota quanto citata, anche se probabilmente è apocrifa: “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana. Ma sull’universo ho dei dubbi.” Se non l’ha detto Einstein, me ne approprio io.

Da anni la nostra società è dominata, con il consenso generale, quindi in un ineccepibile stato di democrazia, da un pugno d’imbecilli che sono riusciti ad imporre un approccio grottescamente ipocrita, ma non per questo condannabile per la maggioranza degl’inquilini del Pianeta, addirittura al pensiero. Una delle prove è quella legata al linguaggio, e qui mi limito all’italiano, lingua di fatto non tra le più ricche (l’inglese ha un vocabolario tre volte e mezzo più corposo,) ma certo sufficientemente dotata di vocaboli. Però, secondo l’autorevole parere degl’imbecilli dominanti, ci sono parole, comuni per quanto siano e del tutto innocue, che sono da evitare. Anzi, da condannare a morte. Non mi riferisco a “parolacce”, a volte non disdegnate da grandi autori compreso Dante, ma a vocaboli che, almeno fino a pochi anni fa, potevano essere pronunciati senza fare arrossire nessuno in qualunque salotto.

Nel “bel paese là dove il sì suona” chi non è dotato della vista è da secoli definito cieco, un aggettivo sostantivabile che non lascia dubbi d’interpretazione. Dove sta il problema di questa parola di etimologia antichissima? Naturalmente non c’è o, almeno, noi vecchi non ci accorgiamo che esista, e, allora, si è sentita la necessità d’inventare “non vedente.” L’educata idiozia ha avuto tanto successo che la nostra RAI, in coerenza con il suo costante declino culturale, pubblica “Il sistema di Programmi con audiodescrizioni della Rai consente ai non vedenti di poter seguire alcuni programmi tv di particolare interesse, come per esempio le fiction più seguite…” (https://www.bellacanzone.it/tv/approfondimenti-tv/audiodescrizioni-rai-ecco-tutte-le-informazioni-per-non-vedenti-949076/). È evidente che, nella concezione dei maestri di pensiero, essere ciechi è una condizione vergognosa e, per mitigare pietosamente questo esecrabile stato di fatto, quei saggi hanno sentito la necessità di cambiarle nome. Domanda: e se si riesumasse il vecchio gioco della mosca cieca, come ci dovremmo comportare? E che fare dell’amore cieco? E Omero era un poeta non vedente?

In sostanza nulla cambia per i sordi (ora non udenti.) Altri handicap (ora provvisoriamente raggruppati come “abilità diverse”) sono in attesa di riforma, così come sono ancora migliaia d’infermità. Ma che dire degli spazzini (operatori ecologici) o delle donne di servizio (colf) che il loro mutamento lessicale l’hanno ottenuto? Ancora una volta è evidente che, nella mente del burocrate linguista, chi svolge quei lavori, che a me paiono essere nobili come qualunque lavoro onesto, è, invece, macchiato da ignobilità. Peggio ancora per i negri. Sempre seguendo l’imbecille-pensiero, il colore della loro pelle li rende vagamente repellenti e, allora, sono educatamente “di colore” (“colored” per chi finge di conoscere l’inglese), come se noi “ariani” fossimo incolori o, addirittura, trasparenti.

Se io dovessi cedere alla condannabile tentazione di ragionare con il cervello decrepito che mi ritrovo, concluderei che quelle sostituzioni sono sostanzialmente insulti beceri nei riguardi di chi ne è oggetto, ma resisto.

Esempi ce ne sono già a iosa e, almeno secondo me (ma io sono un vecchio da rottamare,) non abbiamo bisogno di rimpinguarli. Invece… Invece è arrivato il carico legato al sesso. Essere maschi è un’onta da cancellare, e così essere femmine. Che fare, allora, con le lingue, di fatto la stragrande maggioranza, che attribuiscono un genere addirittura a oggetti, concreti o astratti che siano? Per essere à la page, dobbiamo abolirle e, magari, parlare tutti il turco o il giapponese che di generi non ne hanno.

Ora un amico mi manda un documento originato congiuntamente dall’università di Modena e Reggio Emilia e dall’università di Parma. Si tratta di una sorta di lunga lettera inviata ai genitori dei ragazzi che frequentano l’Istituto d’Istruzione Superiore Statale “A. Motti” di Reggio Emilia con la quale si chiede la loro autorizzazione a che i ragazzi partecipino con le loro risposte ad una ricerca a sfondo sociologico sui rapporti tra italiani e immigrati. Non sottilizzo, anche perché l’argomento è del tutto irrilevante in questo contesto.

È inevitabile che in calce al documento di eventuale autorizzazione venga apposta la firma dei genitori, e, come avrebbe detto Shakespeare, “ay, there's the rub” vale a dire che lì c’è il problema. A causa di una scelta improvvida ed arrogante del Creatore, ammesso che ce ne sia stato uno, almeno per l’Homo sapiens (gli altri animali si comportino in democratica autonomia) le cicogne sono state sostituite da due rappresentanti della nostra zoologia, dotati ognuno di organi diversi. Ed è proprio dalla congiunzione di queste assurde diversità che ha origine l’embrione. Ad accrescere l’assurdità reazionaria, quell’embrione si sviluppa solo nel partecipante dotato di determinati organi e non nell’altro, e questo senza che sia stato possibile non solo scegliere ma perfino esprimere il parere di ognuno. Insomma, la peggiore delle censure. Così, a testimonianza di quanto si sia schiavi di tanta violenza, si è sviluppata la squallida ideologia del maschio e della femmina, espressa pure nel linguaggio così come negli accessi ai gabinetti.

Ora noi abbiamo deciso di dire basta e ci siamo affidati alla saggezza degl’imbecilli dominanti. Ecco, allora, che il documento sullodato riporta sì lo spazio per le firme di chi (speriamo per poco) costituisce ancora quella deleteria istituzione che è la famiglia, però, non più firma di padre e firma di madre, ma firma di genitore 1 e firma di genitore 2.

Ve la ricordate la commovente canzone Mamma? Se vorremo essere coerenti, la trasformeremo in Genitore Uno. O in Genitore Due? Ecco un altro bel problema.

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