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La buona morte

il blog di stefano Nov 12, 2022

Me ne rendo perfettamente conto già ora, quando ho appena iniziato a scrivere: oggi sarò particolarmente noioso e perfino fastidioso, stante il fatto che l’argomento che al momento mi sta a cuore è la morte. Come sempre, nessuno è tenuto a leggermi, e chi lo farà avrà tutto il diritto di dissentire da quelle che sono semplici opinioni di un “non credente” (virgolette obbligatorie) intriso di morale cattolica dovuta ad un’italianità di cui mi piacerebbe andar fiero, ma, per onestà, proprio non ce la faccio.

Dibattendo con il filosofo Francesco Lamendola (https://www.youtube.com/watch?v=Y-UhZyGqw_Y), io ho affermato che la vita appartiene di diritto a chi la vive. Francesco non è d’accordo. Spero d’interpretare correttamente il suo pensiero dicendo che, a suo modo di vedere, la vita ci è stata concessa in prestito, e, con lei, ci è arrivato un carico di obblighi nei riguardi del prossimo, vale a dire, a rigor di termini, di chi ci sta vicino.

La mia opinione è che chiunque può disporre della propria vita a suo arbitrio, assumendosi tutte le responsabilità del caso, incluse quelle di cui, eventualmente, dovesse discutere post mortem in fase di altrettanto eventuale giudizio. Quindi, all’estremo, il suicidio rientra nei diritti di scelta personali con tutto quanto la decisione implica.

La sua opinione, ovviamente, è che la vita non ci appartiene del tutto e, dunque, il suicidio ci è vietato.

Dove il disaccordo si riduce quasi al nulla è quando la discussione si sposta sul diritto che abbiamo sulla vita altrui. Riassumendo e semplificando un po’, nessuno.

Ecco, allora, comparire inevitabilmente la pratica dell’eutanasia, etimologicamente la “buona morte”.

Fatte salve le differenze di opinione già espresse sul suicidio, siamo ambedue d’accordo che nessuno ha il diritto di scegliere per noi il quando e il come por fine alla vita.

Chi ha avuto modo di ascoltare o di leggere le esternazioni in proposito del professor Roberto Bernabei, geriatra docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, farebbe bene a meditare. Da quanto ho colto (https://presskit.it/2022/11/02/rischio-eutanasia-per-gli-anziani-dementi-e-quello-che-pavento-roberto-bernabei-ordinario-di-medicina-interna-e-geriatria-delluniversita-cattolica/), la tesi è che i vecchi dementi sono tanti, e questi occupano posti nei ricoveri (li chiamiamo RSA per la nostra ormai abituale “delicatezza” nominalista). Costoro sono palesemente inutili e, come se non bastasse, sono pure costosi. In aggiunta, parassiti che sono, tolgono abusivamente il letto a chi demente non è. Dunque, per quella pietà cristiana che è obbligo per chi frequenta o, ancor di più, illumina con l’insegnamento l’Università Cattolica, a quei vecchi sia destinata la buona morte. Insomma, siano abbattuti. Dolcemente, ça va sans dire.

Spostandoci agli antipodi, nella Nuova Zelanda, ci ritroviamo come primo ministro una signora chiamata Jacinda Ardern, mamma non molto più che quarantenne. Potrà essere di qualche interesse sapere che la statista è nata e cresciuta in una famiglia di mormoni, ed è entrata in politica perché vedeva “children without shoes on their feet or anything to eat for lunch”, il che, tradotto, significa “bambini senza scarpe ai piedi e niente da mangiare a pranzo” (https://www.britannica.com/biography/Jacinda-Ardern.)

Libera dai gravami di una morale decrepita, e, anzi, maternamente ispirata, la signora Ardern, di concerto con suo governo democraticamente eletto, concede addirittura a chi dal Covid è torturato di godere della buona morte. Per l’incomodo che il medico incaricato della procedura, diversamente ippocratico, si sobbarca per attuare quel dolce passaggio, la remunerazione è di mille dollari neozelandesi, oltre il rimborso delle spese che il sanitario deve necessariamente affrontare, e che, suppongo, saranno certificate dal fortunato morituro.

Quella piccola cifra è il giusto riconoscimento a chi si prodiga per il bene comune, ed è un incentivo a fare sempre meglio. Una decina di successi può garantire la possibilità di trascorrere una più che meritata vacanza, e, allora, quei dottori si rimbocchino le maniche.

Il governo di quel paese all’avanguardia dell’etica, saggiamente, riconosce che chi non tollera la propria situazione in questo pianeta non ha che da presentare regolare e gratuita domanda di uscita. A giudicare sulla liceità di godere del diritto sarà un medico, una categoria, la sua, mai come oggi dotata non solo di onniscienza, ma arbitra quasi assoluta della vita altrui. Quasi, perché agli ordini si ubbidisce.

Per quanto mi riguarda, io fatico a tollerare di condividere la Terra con non pochi personaggi. Chissà se anche i turisti che occasionalmente visitano la Nuova Zelanda possono godere di quella invidiabile opportunità.

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